Rijeka, oggi Fiume, e i fatti del 3 Maggio

Annamaria Crasti, esule istriana, riporta in poche righe il dolore ed il sentimento che ancora oggi, è vivo in molti fiumani e dalmati, oggi  in Italia.  In poche parole trasmette  lo smarrimento  che colpì il popolo fiumano e dalmato all’alba del 3 Maggio 1945.  In questo breve resoconta  ricorda solo alcune delle tante vittime del regime di Tito.

di Annamaria Crasti «”Niente’altro che furore di popolo: di questo si è trattato” dichiarò la propaganda titina . Dopo che triestini ,polesani, istriani e fiumani , indifesi, a guerra finita avevano subito “la cattiveria raffinata dei Balcani”. Il 3 Maggio tocca a Fiume e Gorizia essere “liberate“ da nemici  oppressori “rapaci e crudeli“.

Il 3 Maggio a Fiume inizia la caccia alle persone  ed anche ai capi del suo popolo autonomista. Presi sempre di notte, strappati dalle loro case e massacrati con incredibile ferocia. Annamaria ricorda: Mario Bisiach, volontario della Prima Guerra mondiale, paralizzato e strangolato nel suo letto. Giuseppe Sincich massacrato in mezzo alla strada. Nevio Stukull, derubato di tutto, massacrato e il suo corpo gettato nell’ Eneo.

Giuseppe Baucer, direttore dell’Ospedale Generale, costretto a consegnare le chiavi della cassa con tre milioni di lire, trucidato e il suo corpo buttato in mare. Giovanni Rubinach sgozzato nel portone della sua casa.

In tre giorni più di 2.000 fiumani sono stati arrestati e deportati. Quanti di loro hanno fatto ritorno e quanti sono stati eliminati nei modi più feroci? Tutte le industrie e le aziende sequestrate, perfino i negozi di barbiere e dei calzolai.

Tutto messo nelle mani e sotto il controllo di incompetenti e spesso analfabeti. Impiegati statali, parastatali, municipali e operai , dopo decenni di lavoro, sono stati licenziati in tronco perché italiani contrari all’annessione di Fiume alla Jugoslavia.

Dopo 2 giorni dalla “ liberazione “ di Trieste, ecco quella di Fiume. Una volta “liberati “ i fiumani decidono di abbandonare la loro città e di andare esuli in Patria. La città si spopola e diventa Rijeka. Per noi sarà sempre Fiume»

(crediti “Arcipelago Adriatico”)

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